La partita della Regione Piemonte contro le comunità montane potrebbe rivelarsi una Caporetto per la giunta regionale. Sicuramente è l’ennesima prova di quanto pressappochismo, di quanta ignoranza della materia condita da una dose imbarazzante di demagogia e populismo, ha accompagnato l’operato di chi ha voluto questa legge: ovvero l’ex Assessore Maccanti e la Lega Nord. Nelle prossime settimane il Tar dovrà esprimersi sul ricorso da parte della Comunità Alpi del Mare che chiede l’annullamento della deliberazione della Giunta regionale del 3 giugno che, in attuazione della detta legge 11, approva i criteri per la nomina dei Commissari liquidatori delle Comunità montane. Contestualmente, chiede al TAR l’adozione di provvedimenti immediati che impediscano l’applicazione della deliberazione ritenendo che la legge regionale 11 presenti numerosi vizi di incostituzionalità. L’incostituzionalità risulterebbe, in primo luogo, dal contrasto con l’articolo 44 della Costituzione dal momento che la stessa Corte costituzionale ha già ritenuto che esso impedisca la soppressione tout court delle comunità montane (sent. Corte cost. 229/2001). Inoltre, sempre violando norme costituzionali (artt. 5, 114 e 120), la legge regionale è stata approvata senza la partecipazione dei comuni, necessaria proprio in materia di organizzazione delle comunità montane. Infine, la legge regionale è stata emanata in violazione dello stesso Statuto della Regione Piemonte che prevede espressamente (artt. 3 e 4), tra gli enti locali coi quali si raccorda la Regione nella sua attività, anche le comunità montane. Conseguentemente, la loro soppressione può avvenire soltanto modificando lo Statuto e non con una legge ordinaria qual è la legge regionale 11. Ovviamente tutto questo era stato chiaramente detto ai tempi della discussione in Commissione, al CAL e in Consiglio alla Sig. Maccanti e ai suoi aitanti funzionari alla ricerca di un po’ di fama, che incuranti della forma, oltre che della sostanza, hanno tirato dritto senza alcuna considerazione nei confronti degli amministratori della montagna, quella vera. Se il TAR riterrà fondate le questioni di incostituzionalità sollevate, le trasmetterà alla Corte costituzionale affinché si pronunci
Siamo quindi all’ennesimo capitolo di una vicenda che sta tenendo impalati degli Enti che di tutt’altro dovrebbero occuparsi e invece sono da 5 anni impegnati a capire come poter rispondere alle pressanti e inderogabili richieste di un territorio bisognoso di risposte senza gli strumenti per poterlo fare. Credo sia opportuno fare un po’ di storia per capire in quale situazione si trova chi amministra e lavora negli Enti montani.
Dopo lo scandalo giornalistico che aveva denunciato l’esistenza di comunità montane “a livello del mare”, il legislatore si sente in dovere di intervenire per far cessare ulteriori abusi nella materia. Con la legge finanziaria del 2008 (L. 244/2007), ordina alle regioni di provvedere, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, al riordino delle comunità montane in modo da ridurne le spese di funzionamento. La disposizione non ha seguito alcuno. Il legislatore interviene allora nuovamente. Nel 2008 (DL 112/2008, L. 113/2008), riduce i trasferimenti statali alle comunità montane. Poi, con la legge finanziaria 2010 (L.191/2009), sopprime totalmente il fondo per il finanziamento delle comunità montane (sostanzialmente, tende a cancellarle per fame). Ma le regioni continuano a mantenerle in vita. Nel 2010 (DL 78/2010, L. 122/2010), tenta un’altra strada per farle morire. Non parla più di soppressione diretta (o per fame) delle comunità montane. Cerca di cancellarle indirettamente imponendo ai comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, o a 3.000 se appartenenti o già appartenuti a comunità montane, l’esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali esclusivamente attraverso i due modelli organizzativi degli enti locali dell’unione di comuni o delle convenzioni tra essi. Le regioni dovranno individuare la dimensione territoriale ottimale per le unioni. Dunque, la comunità montana non può più essere un modello per l’esercizio associato di funzioni dei comuni montani. Le unioni dei comuni montani si chiameranno “Unioni montane di comuni”. Basta con queste brutte comunità montane! Facciamo saltare tutto,anche ciò che era positivo. Si giunge alla legge spending review di Monti (DL 95/2012, L. 135/2012) che riscrive nuovamente le norme per le unioni di comuni.
In questa giungla normativa, le Regioni hanno dato libero sfogo alla fantasia andando in ordine sparso, con buona pace dell’omogeneità istituzionale del Paese. E così mentre alcune (poche) hanno tentato di intervenire con leggi proprie, molte non hanno inteso e non intendono dare corso alle disposizioni del legislatore nazionale. Continuano a sostenere che le comunità montane, per le loro peculiari funzioni nei territori montani, non vanno soppresse. Per quanto riguarda il Piemonte, la legge c’è stata ed è quella della Maccanti- ormai dai più definita per affinità di partito, un’altra porcata- che è stata già variamente modificata, ma che è palesemente inapplicabile tant’è che in Regione son pochissime le Unioni costituite e,quelle poche,sono scatole vuote.
Sindaci e amministratori di comuni facenti parte delle comunità montane piemontesi sopprimende, ma tuttora operanti, brancolano nel buio senza direttive e senza conoscere quale sarà il proprio futuro. Sono anche “in bolletta” poiché la Regione non ha ancora dato certezze o erogato finanziamenti in parte per il 2012 e tutto il 2013 andando incontro ad anticipazioni bancarie che gravano ulteriormente su casse già vuote. Anche i 430 dipendenti s’interrogano sul loro futuro.
Intanto il nuovo assessore alla montagna (l’unica nota positiva che giunge da Piazza Castello) si trova a gestire una situazione, che da come si evince, è a dir poco esplosiva. Pare sia in procinto di modificare ulteriormente la Legge 11 tornando a riempire di contenuti il Testo Unico sulla Montagna (legge 16) che era stata pesantemente violentata dalla Maccanti relegando la 11 a strumento normativo che regola le funzioni fondamentali dei comuni, ma restituendo al territorio montano una sua legge per indirizzare lo sviluppo dei territori delle terre alte. Era evidente che la gestione demagogica di questa partita non poteva che portare a confusione e ritardi per l’inapplicabilità della legge stessa e per le conseguenze, che nonostante gli avvertimenti, non sono state prese in considerazione (vedasi, ad. es., la partita dei GAL, che sono gli unici soggetti che possono gestire una parte di risorse europee che la Regione è obbligata a spendere e che, venendo meno le comunità montane, che sono i soci pubblici di maggioranza dei GAL stessi, avrebbero rischiato di chiudere i battenti con la perdita di ingenti risorse che vanno alle imprese e al territorio)
Nei prossimi mesi, grazie all’incapacità di gestione e di ascolto della Regione, potremmo vedere situazioni assurde come la nascita delle unioni e la concomitante sopravvivenza delle vecchie Comunità Montane, alla faccia della semplificazione e ottimizzazione delle risorse.(alla Comunità Montana Valli Grana e Maira, si aggiungerebbero l’Unione Montana della valle Maira e l’Unione Montana della valle Grana)
In tutto questo pasticcio il territorio cerca di sopravvivere nonostante le sue istituzioni, da Torino e da Roma, vengano messe in crisi in modo costante…intanto i servizi continuano ad essere tagliati e l’atavica richiesta di una politica dedicata ai territori montani rimane lettera morta.
Nel nostro Paese continuano le enormi diseconomie della finanza pubblica determinate dall’ incapacità di chi governa di affrontare un problema e di arrivare a risolverlo senza cambiarne continuamente le regole del gioco, per poi lasciare che tutto prosegua come prima o, peggio ancora, nel disordine generale. Il problema può chiamarsi Provincia da sopprimere o Comunità montana da estinguere. Si producono fiumi di norme senza mai verificare quali possibilità concrete hanno di essere applicate.
E questa inefficienza, sui nostri territori, potrebbe essere letale.
Roberto Colombero
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